GIOVANNI GENTILE
GIOVANNI GENITLE: VITA
Giovanni Gentile nasce a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 29 maggio 1875. Studente estremamente capace, dopo il liceo riesce ad entrare alla Scuola normale superiore di Pisa, dove ha i primi contatti con il pensiero hegeliano e con Benedetto Croce, con cui nasce un’amicizia duratura.
La laurea conseguita nel 1897 segna l’inizio di una brillante carriera universitaria che lo porta a ricoprire il ruolo di docente di Filosofia in diverse importanti università italiane. L’inizio del nuovo secolo segna un periodo di grande impegno e grandi realizzazioni per Gentile, che comincia ad imporsi come intellettuale di rilievo nel panorama italiano anche attraverso la collaborazione con l’amico Benedetto Croce, insieme al quale dà vita alla rivista La Critica, in cui si occupa di storia della filosofia.
Gli anni ’10 segnano un periodo di svolta nella vita del filosofo: la pubblicazione di L’atto del pensiero come atto puro (1912) e de La teoria generale dello Spirito come atto puro (1916) segnano due momenti di importante formalizzazione del pensiero gentiliano, consacrandone definitivamente il ruolo di intellettuale, mentre la partecipazione alla disputa sull’interventismo ne segnano l’ingresso all’interno del dibattito politico; sotto il profilo professionale Gentile continua a ricevere incarichi di docenza prestigiosi presso le maggiori università italiane, e dal 1915 è membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione.
La sua partecipazione politica prosegue anche nel prima dopoguerra con posizioni sempre più marcate che, nel 1922 lo portano a sostenere apertamente il partito fascista: si tratta di una posizione definitiva che il filosofo siciliano porta avanti coerentemente e che non è mai messa seriamente in discussione, e che lo rende, in definitiva, l’intellettuale fascista più importante.
Dal 1922 al 1924 ricopre la carica di ministro della Pubblica istruzione, carica affidatagli dallo stesso Mussolini, portando a termine, nel giro di pochi mesi un’importante riforma scolastica che, nonostante alcune modifiche apportate già dopo pochi anni, ha resistito a lungo nei suoi capisaldi principali. Rimane fedele al regime anche durante la crisi seguita all’omicidio Matteotti, e nel 1925 si fa promotore del Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui ricollega l’esperienza politica fascista a quella risorgimentale, e lo individua come un’ancora per la salvezza morale dell’Italia: posizioni che lo allontanano definitivamente da Benedetto Croce che, invece, si schiera su posizioni antifasciste.
Nel 1925 Mussolini gli affida la direzione dell’Istituto Treccani per l’Enciclopedia italiana, carica che mantiene fino al 1938, e nel 1931 è tra i promotori del Giuramento di fedeltà al fascismo imposto ai docenti universitari italiani, nel 1932 assume la direzione della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Dopo l’8 settembre del 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, dove viene nominato presidente della Reale Accademia d’Italia; nonostante si trovi nel pieno dei travagliati momenti del conflitto, Gentile prosegue il suo lavoro e scrive Genesi e struttura della società, l’ultima opera, che viene pubblicata postuma.
PENSIERO FILOSOFICO
Gentile, insieme a Benedetto Croce, è il maggior esponente del neoidealismo italiano, per la precisione egli stesso definisce come attualismo il suo particolare modello di pensiero. Si tratta di una profonda riforma della filosofia hegeliana, che viene espressa dal filosofo siciliano nelle sue due opere più significative, le già citate L’atto del pensiero come atto puro e de La teoria generale dello Spirito come atto puro.
Il pensiero gentiliano parte anzitutto dal superamento dell’idea di dialettica sia com’era stata concepita dalla filosofia antica, che considera le idee come qualcosa di esistente aldilà del pensiero stesso, che da quella moderna, che invece considera la dialettica come attività del pensiero pensante. Gentile invece considera la dialettica come relazione tra oggetti, considerando la realtà in relazione al soggetto che la pensa, nel momento in cui esso la pensa: in parole povere è l’atto del pensare che crea la realtà, che la definisce e la sintetizza pur nella sua enorme complessità e molteplicità, e da qui il nome di attualismo. Per Gentile lo Spirito è qualcosa di unico e indivisibile, e va inoltre considerato come qualcosa di attivo, che pensando agisce producendo la realtà, e producendo quindi anche le arti, le scienze e la filosofia, che vengono identificate come tre momenti diversi della vita dello Spirito.
La giusta sintesi tra queste due opzioni è operata dalla filosofia che, agendo in senso trascendentale, riesce a conciliare le posizioni soggettive e quelle oggettive in una sorta di autocoscienza dell’Io, in grado di dare consapevolezza del reale e di fornire il giusto senso sia a Dio che all’uomo.
PENSIERO PEDAGOGICO
La scuola è dunque quel luogo dove si compiono processi di crescita spirituale, ove lo spirito apprende delle nozioni per migliorarsi. Il processo educativo autentico si compie tramite la fusione tra maestro e discepolo, superando in tal modo tutte le antinomie possibili nell'educazione.
Nella raccolta La riforma dell'educazione egli esalta la funzione nazionale della scuola, esaltandone la funzione etica. La scuola è presentata come il luogo sacro per il passaggio dall'io dell'educato, al noi della nazione che è spirito, storia, autocoscienza, ovvero vita universale. In un'altra chiave di lettura, questo significa il superamento della dualità realtà-spirito.
Gentile afferma che l'educazione è un atto umano puro, ovvero l'assoluta essenza del pensiero umano. In tal senso distingue tra il maestro empirico e quello speculativo: egli dovrebbe essere speculativo, ovvero in grado di entrare in sintonia spirituale con i discepoli, rendendoli liberi, ovvero capaci di ragionare con la loro testa.
Un'altra distinzione fatta da Gentile è quella tra concetto e pseudo concetto, che nega il valore della scienza se separata dalla riflessione filosofica. Quando la pedagogia si illude di ritrovare la sua identità nei dati empirici è pseudocoscienza: le scienze offrono dei semplici dati, che rimangono sterili se non spiegati attraverso la filosofia, poiché rappresenta la riflessione sulla natura e sulla formazione dell'essere umano. L'essere umano che cresce è dunque espressione dell'umanità nel su stato sorgivo. La nazione di Gentile è dunque uno Stato etico: i bambini devono essere introdotti in esso, dunque resi capaci di superare le loro individualità, che siano dunque coscienti di se stessi.
LA RIFORMA NEL CONCRETO
Gentile ebbe il privilegio di vedere i suoi ideali educativi realizzarsi, in quanto era ministro dell'istruzione. Alla convinzione che l'evento educativo è un'esperienza sopratutto spirituale compiuta attraverso la cultura, egli propose un corso di studi prettamente letterario, sotorico e filosofico: soltanto imparando le dis
cipline che studiano l'essere umano dal punto di vista delle sue particolarità è infatti possibile cogliere l'intima natura e garantirne un'educazione realmente umana.
Gentile assegnò una particolare importanza al contatto con i classici, ovvero quegli autori capaci di far risuonare le tematiche universali umane. Essi costituiscono la via principale per inoltrarsi nel mistero della vita e della morte, per scoprirne il senso e la bellezza. Il omento più alto dell'educazione è cogliere questi aspetti, ovvero arrivare all'autocoscienza; in altre parole è il raggiungimento di un essere umano libero e morale, ovvero un essere capace di esplorare i supremi interrogativi dell'esistenza umana in autonomia. Questo fattore si collega al dovere di essere umano di agire politicamente, ovvero di essere attivo rispetto ai problemi della società. Siccome questo processo non è realizzabile da chiunque, Gentile elabora un altro percorso, rivolto alla massa: in questo caso la filosofia è sostituita dalla religione, che ha lo scopo di regolare la vita sociale e politica dei ceti popolari.
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